Consulenza Anatocismo Bancario
Che cos’è l’Anatocismo Bancario?
Il termine anatocismo indica la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi con successiva produzione, a loro volta, di ulteriori interessi passivi, pratica non più giustificata da alcuna normativa.
Sino al 30 giugno 2000, tutti gli istituti di credito avevano una “strana abitudine” (si parla, in gergo tecnico, di “clausole uso piazza” molto in vigore sino all’entrata in vigore della L.154/1992 e poi del Testo Unico Bancario del 1993): gli interessi passivi e tutti gli altri oneri (spese tenuta conto, spese per operazione, commissione massimo scoperto, ecc.), erano capitalizzati cioè aggiunti al capitale presente in conto corrente, alla fine di ogni trimestre, invece gli eventuali interessi attivi si conteggiavano alla fine dell’anno.
Ora, capitalizzare le voci di costo, interessi passivi compresi, alla fine di ogni trimestre, ad un conto corrente in rosso, significa aumentare il saldo negativo, a debito del cliente della banca, e questo saldo negativo, a sua volta continua a produrre altri interessi passivi, in una escalation all’infinito finché il conto corrente non ridiventa positivo o viene estinto. Il tutto, con notevole aggravio di costi e di spese.

L’art. 117 del T.U.B. ha vietato le clausole uso piazza stabilendo che in questo caso alla banca erano riconosciuti interessi calcolati applicando il valore minimo ed il valore massimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti ogni chiusura trimestrale del conto corrente. Non sono poche le sentenze emesse da moltissimi fori italiani (da Lecce a Brindisi, Napoli, Mantova, per arrivare alla Cassazione) che hanno tacciato di illegittimità il comportamento delle banche.

Si applica a tutti i conti corrente?
Che si trattasse di un conto corrente ordinario, affidato o meno, di un’apertura di credito in conto corrente o di qualunque altro tipo di rapporto di corrispondenza intercorresse tra banca e cliente, la pratica era sempre la stessa.
Per non parlare poi di quello che succedeva su tutti i conti corrente quando la banca cominciava ad applicare il famigerato “ius variandi“: i tassi di interesse (ovviamente quelli passivi) variavano di continuo soprattutto in rialzo con una frequenza anche mensile, tanto che tenere sotto controllo i costi di un conto corrente negativo era sempre più complesso.
La legislazione
La Cassazione, nel frattempo, cioè significa dal 1975 in poi, comincia ad emettere una serie di sentenze con cui stabilisce che è privo di rilevanza giuridica il riconoscimento ex post che il debitore faccia dell’atto scritto concernente la stipulazione di interessi ultralegali, costitutivo del relativo rapporto obbligatorio tra banca e correntista. (Cassazione Civile, sez. II, 6 febbraio 1975, n.439; Cassazione, 16 marzo 1987, n.2690; 14 gennaio 1997, n. 280)
Grazie anche al disposto dell’art. 1284 del C.C., da qui segue una cascata di effetti negativi per le banche e, viceversa, di effetti positivi per il correntista il quale, nonostante la presenza di un decreto ingiuntivo da parte della banca, ottiene dal giudice il riconoscimento della illegittimità della pretesa creditoria dell’istituto finanziario ed il ricalcolo di tutto il rapporto di conto corrente sin dal momento della sua accensione. E quanto più è datato il conto corrente, maggiori saranno le spese che la banca dovrà restituire.
Nel 1999 la Suprema Corte di Cassazione regolamenta la capitalizzazione degli interessi e la relativa periodicità.
Il 30 giugno del 2000 entra in vigore la delibera del CICR del 09/02/2000 che tenta di dare una parvenza di legalità alla capitalizzazione trimestrale degli interessi, ma a condizione di reciprocità: cioè, anche gli interessi attivi da questo momento in poi devono avere la stessa capitalizzazione trimestrale!
Interessi passivi ma non solo!
Di un rapporto finanziario con le banche si devono tenere sotto controllo molti aspetti, oltre alla statuizione dei tassi di interesse.
Uno di questi riguarda la verifica del superamento del tasso soglia usura. Qui entrano in campo altre normative: la legge 108/96, l’art. 644 del c.p., l’art. 1815 C.C. con le recenti modifiche ed integrazioni: tutte norme volte al divieto da parte dell’istituto di credito di superare il limite del tasso soglia usura, tempo per tempo vigente, e soprattutto alla non debenza, da parte del correntista con divieto di ricalcolo, di spese, oneri e commissioni calcolati e addebitati per il trimestre in cui si è verificata l’usura da parte della banca.

Di cosa abbiamo bisogno?
Per la verifica delle condizioni praticate sul conto corrente e per la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia usura, abbiamo bisogno:
- Contratto di apertura del conto corrente o di accensione del mutuo;
- Estratti conto di tutto il periodo in cui il conto è stato operativo;
- Fogli dello scalare e prospetti di calcolo delle competenze, allegati agli estratti conto a chiusura del periodo;
- Piano di ammortamento, nel caso del mutuo.
Sarà cura e premura dello Studio Sarcinella restituirvi il prima possibile i risultati dell’esame del Vostro rapporto con la banca, illustrandovi le strategie migliori da perseguire, in caso di discrepanze riscontrate con il comportamento della banca.